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Davide Van De Sfroos: 'Non fidarti mai degli assi'

04 marzo 2017 - 09:18

Al lavoro su un album che torna alle sue origini, il cantautore Davide Van De Sfroos si racconta dopo la sua esibizione al Casinò di Campione d'Italia.

Scritto da Francesca Mancosu

"Ass, ass, ass, mej mai fidàss" (Assi, assi, assi, meglio non fidarsi mai, Ndr). Così recita un verso de 'La ballata delle 4 carte' di Davide Van De Sfroos, cantautore folk che ha esportato il dialetto lombardo un po' in tutto il mondo, grazie ad una carriera cominciata 'ufficialmente' nel 1999 con la vittoria del Premio Tenco come 'miglior artista emergente'. Un viaggio, che Sfroos, nome d'arte di Davide Bernasconi, racconta a Gioco News in occasione di una tappa del suo 'Folk CooperaTour' al Casinò Campione d'Italia.
Cominciamo proprio dal gioco, tema che compare in un più di una canzone del suo repertorio. "Non ho mai frequentato una vera sala da gioco e non riesco a capire neppure il funzionamento delle slot nei bar, perché io soffro di discalculia (un disturbo relativo all'apprendimento del sistema dei numeri e dei calcoli Ndr), ma nei miei racconti ho parlato spesso di giocatori e i numeri per me hanno una valenza mistica e misteriosa. Fin da ragazzo mi affascinano i ragazzi di ottant'anni che giocano a carte all'osteria, come dei cowboy romantici. Invece, avendo tre figli, mi è capitato spesso di giocare ai videogame o ai giochi di ruolo, per liberare la fantasia".

Nonostante questo rapporto ambivalente con i numeri, esibirsi in una casa da gioco però non gli ha fatto nessun effetto. "Ho suonato nei posti più strani, anche in quelli dove in fondo non c'entravo niente, e quindi suonare in un casinò non è diverso. La musica può entrare ovunque. Ho cantato davanti a gente in abito lungo e giacca e cravatta e si sono tutti mostrati molto incuriositi: fra un brano e l'altro hanno mostrato molta attenzione', ricorda il cantautore.
La serata a Campione d'Italia è stata l'occasione per ripercorrere tre decenni di musica insieme agli Shiver, una giovane band di Lecco, dagli esordi nel punk al folk dialettale reinterpretato in chiave sinfonica. "Sicuramente il mio è stato un viaggio abbastanza 'variegato' come una sindrome da Corto Maltese, che mi ha portato a spaziare attraverso mari e luoghi diversi, forse per paura di annoiare il mio pubblico e di annoiarmi io stesso. A sedici anni sono partito dal punk per poi capire che il vero punk di casa nostra è quello di persone non sempre allineate con il 'compito' di divenire delle persone 'normali'. È una linea da rompere. Così ho imparato a usare il dialetto per raccontare le cose in modo più diretto e reale, 'a chilometro zero', come se fossero Dop e Doc. Da lì è nato il mio folk mescolato con rock, blues e altre strutture etniche, fino a sonorità progressive e psichedeliche, e all'idea di 'sinfonizzare' il tutto con un'orchestra di quaranta elementi diretta dal Maestro Vito Lo Re nell'album 'Synfuniia'. Poi ci sono state tante collaborazioni con persone di altre lingue, magari americane, fra cui il fisarmonicista Sugar Blue, che ad esempio ha suonato nel brano 'Miss You' dei Rolling Stones".
Dopo tanto 'girovagare' per Van De Sfroos è il momento di tornare a casa e di recuperare un suono più naturale e folk, con un nuovo lavoro discografico. "Sta nascendo piano piano: mi piacerebbe tornare alla mia terra, alle persone semplici che hanno parte della quotidianità, a chi vive sui monti e a chi fa lavori che un tempo erano nella norma. Qualcosa che ricordi a chi lo ascolta la propria importanza, che lo riporti alla speranza, andando oltre il terrore e la sfiducia di questi anni".

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