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Leonardo Manera: 'Un saluto festoso a tutti i giocatori!'

11 settembre 2017 - 10:10

Il comico Leonardo Manera racconta a Gioco News i suoi azzardi di artista e la sua scarsa attitudine al gioco, ecco la Playstation.

Scritto da Alessio Crisantemi

Alcuni lo ricordano nei panni del ventriloquo Vasco, l'improbabile personaggio a cui hanno causato "una lesione alla retina"; altri in quelli del mimo Mimmo, depresso monocorde che invia "Un saluto festoso a tutti". O come il tizio alienato che ripete ossessivamente "Adriana, Adriana". Molti, però, lo conoscono anche nelle vesti ufficiali di Leonardo Manera, grazie al grande successo ottenuto non soltanto sui palchi di Zelig e Colorado, ma anche nei teatri, al cinema e in qualche fiction come attore. Un comico raffinato, dalla battuta irresistibile e in grado di caratterizzare a fondo i suoi personaggi. Un tipo che sa scherzare e giocare col pubblico.

Ma fuori dagli schermi non è un giocatore, ci confida lui stesso: “L'unica eccezione è la Playstation perché ci passo del tempo con mio figlio che ha otto anni e mi tiene in allenamento con i videogiochi”. Ma è questo l'unico gioco che pratica Manera, evitando quello con vincita in denaro: “In realtà fino a qualche tempo fa tentavo ogni tanto la sorte ma poi ho smesso completamente, perché quel tipo di gioco non mi diverte”. Cosa ne pensi, in generale, del gioco d'azzardo? “Posso dire di essere entrato in contatto diretto con questo mondo, avendo fatto vari spettacoli nei casinò italiani. Devo dire che esistono giochi forse più equi di altri, perché danno più possibilità di vincita. Per esempio la roulette, che permette di fare piccole puntate in vari modi, come quella sul rosso e nero. Poi però ci sono anche giochi molto in voga ma che io non riesco a capire, come le slot. Che considero giocate senza senso, non essendo richiesta nessuna abilità né interazione, se non quella dovuta alla pressione di un tasto. Io da ragazzo giocavo a poker, che mi ha sempre affascinato. Quello tradizionale però, non il Texas hold'em. Roba dei tempi del liceo, insieme agli amici”.

Il tema del gioco ha mai ispirato un tuo spettacolo o pensi di farlo in futuro? “In realtà non ho mai affrontato questo tema, che invece è stato esplorato da altri comici, come l'amico Daniele Raco. Credo però che potrei trattarlo: la caratteristica interessante è la maniacalità che caratterizza l'approccio insano ad alcuni giochi che si potrebbe riportare in senso comico. Nei miei personaggi, del resto, c'è sempre un profilo maniacale e anche questo argomento potrebbe essere esplorato”.
Ma il gioco ha a che fare in qualche modo con la tua professione di comico? “Sicuramente c'è una forte componente di divertimento nel mio lavoro e quindi è un qualcosa che ha a che fare con il gioco. Soprattutto nello stare sul palco, nell'intrattenere il pubblico, si cerca di coinvolgere lo spettatore come invitandolo in una sorta di gioco. Ed è proprio questa la parte più affascinante nel nostro mestierie”. Quanto c'è invece di azzardo nel tuo lavoro? “Direi che è un po' tutto un azzardo, perché chi fa questo mestiere non sa mai cosa farà nel breve e medio periodo. Forse è più opportuno parlare di precarietà, ma possiamo anche definirlo azzardo. Chi ha scelto questa vita ha azzardato, preferendo mettersi in discussione su un palco invece d inseguire una carriere più stabile. Anche la costruzione di un nuovo spettacolo o un personaggio è sempre un azzardo, in attesa dell'inesorabile giudizio del pubblico”.
Qual è stato il più grande azzardo della tua carriera? “Di certo quello di abbandonare gli studi di giurisprudenza, quando avevo vent'anni, per percorrere questa strada. Decidendo che avrei potuto e dovuto guadagnarmi da vivere con questo mestieri, come poi sono riuscito a fare, visto che sto sul palcoscenico da ormai 32 anni”.
E il successo non gli manca di certo, ancora oggi. Dopo una serie di stagioni fortunate in Tv con Zelig e Colorado e qualche esperienza alternativa in Radio e Teatro. L'ultima, quella appena conclusa con lo spettacolo “Il primo amore”, dedicato a suo figlio. La sua maggiore soddisfazione in carriera. “Anche se l'esperienza più bella in assoluto è stata sicuramente quella degli anni d'oro di Zelig, ovvero tra il 2003 e il 2006, per popolarità e per ascolti, la mia maggiore soddisfazione l'ho avuto quest'anno con lo spettacolo su mio figlio. Per il riscontro avuto sul pubblico testimoniato dalle tantissime lettere ed email che ho ricevuto in seguito a ogni rappresentazione”.
A proposito di contatti virtuali: come te la cavi con i social? Li usi o preferisci farne a meno? “Li uso, però male. Non sono bravo con questi strumenti anche se sono molto utili per il mio lavoro. Ma hanno cambiato la nostra vita quotidiana, e non in meglio. Leggevo proprio in questi giorni che il livello di attenzione medio è diminuito ad appena otto secondi e questo proprio a causa dell'abitudine di guardare i telefonini e consultare i social network, che valorizzano i titoli e le informazioni mordi e fuggi, a scapito dei contenuti. Siamo abituati a dare un'occhiata e scorrere al contenuto successivo e questo di ripercuote sulla vita in generale e sulla società. Baumann parlava di società liquida, ma temo che siamo andati oltre, raggiungendo ormai uno stato gassoso”. Insomma, non abbiamo a che fare con un comico frivolo, bensì con un autore che potremo definire “impegnato”. Non a caso, tra i suoi ultimi lavori c'è quello molto popolare in Radio: “Platone la caverna dell'informazione”. E il nuovo progetto, a cui lavora proprio in questi giorni, è uno spettacolo di arte con Carlo Vanoni: “I migliori quadri della nostra vita”, nato per divulgare l'arte contemporanea, tra ironia e divertimento.
 

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