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Parco divertimenti querelato: copiata un'opera d'arte di Chris Burden

29 giugno 2020 - 09:17

Parco divertimenti replica Urban Light di Chris Burden: per gli eredi dell' artista non si può trarre un vantaggio economico dalla riproduzione di un'opera.

Scritto da Ac

 

Troppo bello per essere vero. O forse sarebbe il caso di dire: per essere “finto”, trattandosi di un'ambientazione di un parco divertimenti, dove tutto è finzione, per definizione. Stiamo parlando del (bellissimo) parco a tema indonesiano Rabbit Town, che è stato querelato presso il Tribunale Commerciale del Central Jakarta District Court, dagli eredi dell'artista Chris Burden, denunciando la somiglianza tra l’opera di Burden, “Urban Light”, e una delle attrazioni del parco: “Love Light”.

LA SOMIGLIANZA TRA LE OPERE - Chris Burden, famoso per le sue performance e scomparso nel 2015, ha realizzato Urban Light nel 2008. Si tratta di un’opera scultorea composta da 202 lampioni antichi che, esposta all’esterno del Los Angeles County Museum of Art, è diventata uno dei simboli artistici più iconici della città californiana.
Come Urban Light di Burden, anche Love Light presenta decine di lampioni in una formazione a griglia, anche se il numero di lampioni dell’attrazione non è lo stesso della scultura di Chris Burden. La somiglianza del titolo, però, può indicare che Rabbit Town abbia tratto spunto dall’opera di Los Angeles. Anche se Yayoi Shionoiri, direttore esecutivo dell’eredità di Burden, ha spiegato nell'udienza di qualche giorno fa: “Siamo abbastanza sicuri che Rabbit Town stia cercando di trarre vantaggio dalla popolarità di Urban Light e dalla sua notorietà sui media”. Ad avvalorare questa dichiarazione, basti pensare che c’è anche un’altra attrazione che replica un’opera dell’artista giapponese Yayoi Kusama. Confermando che le attrazioni di Rabbit Town prenderebbero ispirazione dall’arte contemporanea, per poter così attrarre più turisti. In effetti, Rabbit Town si può considerare una di quelle destinazioni particolarmente adatte per la pratica del “selfie tourism”, come evidenziato dal quotidiano specializzato Exibart.com

IL RETROSCENA – In realtà, gli eredi di Burden non si erano dimostrati neppure così ostili rispetto all'idea di utilizzare l'opera in un parco. Fin dell’apertura del Rabbit Town, in effetti, avevano cercato di entrare in contatto con il board della società titolare dell'attrazione avendo persino considerato di offrire una licenza post-fattuale per il lavoro di Burden. Ma poiché tali  tentativi non hanno avuto successo, il passo successivo è stato quello di intraprendere un’azione legale. Come spiegato da Shionoiri, in effetti, gli eredi credono nella diffusione di informazioni sulle sue opere dal punto di vista storico, informativo ed educativo. Facendo però distinzione quando un soggetto terzo vuole trarre vantaggio economico dall’opera di Chris Burden. E sarebbe proprio l’aspetto commerciale del caso Rabbit Town ad indispettire la famiglia.

 

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