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Pagano (Qlash): 'eSports mobile il futuro e urge un organo centrale'

04 giugno 2020 - 14:01

Luca Pagano, ceo Qlash, è intervenuto nel digital panel 'eSports: non solo gioco - I modelli di business emergenti nel settore degli eSports e prospettive di sviluppo'. 

Scritto da Cesare Antonini

“Innanzitutto vorrei fare i complimenti all’iniziativa perché il settore viene sempre più raccontato con cognizione e competenza grazie anche al lavoro di esperti come D’Angeli e Pardo. Sono tre anni che dico che siamo all’anno zero e, purtroppo, ancora siamo all’anno zero. Vivo in prima persona i problemi del settore e forse stiamo sottostimando l’accelerazione che sta avendo la tecnologia nel futuro di questo mercato”. Analisi lucida, completa e anche proiettata al futuro per il ceo di Qlash, Luca Pagano, vero e proprio pioniere del settore degli eSports in Italia e a livello internazionale. Anche lui ha preso parte al digital panel "eSports: non solo gioco - I modelli di business emergenti nel settore degli eSports e prospettive di sviluppo”, con l’organizzazione di Gioconews.it insieme a Esportsmag

Tante le problematiche da affrontare per Pagano: “La caratteristica fondamentale è che il settore è molto frammentato e si fa fatica a raccontarlo e ad individuare quali sono i punti fondamentali del settore. Gli esports non sono un fenomeno, non sono un trend ma fanno e faranno parte della cultura dei giovani. E’ una business opportunity sì, ma anche una chiave di lettura sociale e auspico una regolamentazione perché gli esports sono qui per rimanere. Io preferirei una regolamentazione sportiva e credo sia necessario avere un organo centrale che costringa gli attori a sedere al tavolo. Il percorso del Coni deve servire a questo. Serve lungimiranza per far sedere al tavolo chi di esports ne capisce. E’ un prodotto che assomiglia allo sport tradizionale ma parla una lingua diversa. Va alla velocità della luce ogni sei mesi cambia la comunicazione, i nuovi giochi cambiano le regole d’ingaggio in tempi rapidissimi”.

Un esempio? “Il prodotto mobile è già esports ma molte organizzazioni non lo calcolano e questo cambia tutto e cambierà le modalità di storytelling e di engagement. Servono poche regole precise ma centrali - converge Pagano con Parnofiello - quando arriveranno capitali importanti (e stanno arrivando) da aziende non direttamente collegate agli esports, allora saremo arrivati all’anno uno”. 

L’appello a Gioconews ed Esportsmag: “Dobbiamo creare un glossario di terminologie esports in cui siamo d’accordo perché c’è molta confusione se ci riferiamo alla differenza tra egames ed esports. Secondo me prevarrà la regolamentazione dei titoli che simulano lo sport ma non ha senso perché non ci sono skills diverse se di deve giocare a Fifa piuttosto che a Starscraft2. Se volessimo attuare una regolamentazione tout court andrebbe inserito tutto quanto. Forse Cio e Coni si trovano più a suo agio con gli sport perché già esistono ma poi non dobbiamo fermarci a questo”.
Una visione nuova, quella sul betting: “Sul betting c’è un problema di opportunità a livello di comunicazione. L’audience è minorenne per una buona percentuale e va difesa  su questo piano. Tuttavia è antiquato pensare che il betting sia il male per gli esports sotto match fixing. Ma i premi milionari già ci sono e qualche combine c’è già stata. Essendo una disciplina elettronica, però, è più facile gestire meccanismi di match fixing e collusion. Un drop improvviso della velocità dei clic e dei movimenti del mouse sulle stats di un campione sono facilmente individuabili. Non abbiamo paura del betting, insomma”, conclude il ceo di Qlash. 

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