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Alessandro Rivali, alla ricerca di verità e bellezza

09 ottobre 2019 - 08:46

Alessandro Rivali, ospite del Casinò di Sanremo, elogia il valore della poesia e riscopre la vera figura, come uomo e artista, di Ezra Pound.

Scritto da Anna Maria Rengo

Due poeti che si incontrano al Casinò di Sanremo. Uno è arcinoto e si chiama Ezra Pound. L'altro è Alessandro Rivali, giovane e promettente, in qualità di saggista ha dedicato il suo “Ho cercato di scrivere paradiso. Ezra Pound nelle parole della figlia: conversazioni con Mary de Rachewiltz", edito da Mondadori e presentato nell'ambito dei Martedì Letterari della Casa da gioco sanremese.

Alessandro Rivali, da dove nasce il suo interesse per Ezra Pound e come è nata l'idea di scrivere un libro sulla sua figura?
“Nasce da un momento molto preciso. Ho sempre amato molto i poeti che affrontano a viso aperto il tema del dolore e in particolare quel poeta chiuso in una sorta di gabbia, appunto, di dolore, come era Ezra nel 1945. Pur essendo avvolto in un sudario, vivendo un momento di chiusura e di buio, decide di non suicidarsi, ma di continuare a realizzare il suo sogno di essere scrittore. Utilizzando carta igienica e un mozzicone di matita continua a scrivere e dà vita ai suoi 'The pisan cantos', che rappresentano uno dei momenti più alti della sua ricerca letteraria. Ezra Pound è stato un poeta grande e molto difficile, che mi ha affascinato e incuriosito. Mi pareva misterioso, e poi, quando ho scoperto che la sua figlia 94 enne viveva in Tirolo, ho provato a conoscerla. Mary de Rachewiltz infatti non è solo la figlia di Ezra Pound, ma è anche la sua traduttrice. Il papà vide in lei questa capacità fuori dal comune e, quando aveva 14 anni, le affidò la traduzione dei Cantos, opera che lei ha svolto fino al 1985, quando gli stessi sono stati editi dai Meridiani Mondadori. Inoltre, con il padre intrattenne una relazione epistolare lunghissima, nei dodici anni che Pound trascorse in un manicomio criminale, il St. Elizabeths Hospital di Washington. Da lì, le scriveva per indicarle come doveva interpretare e tradurre le sue poesie. Mary mi è sembrata una straordinaria testimone per questo poeta così misconosciuto”.
 
Quale ritratto ha voluto dipingere del poeta, anche alla luce del sostegno che dette al fascismo e alla Repubblica sociale italiana?
“Ho cercato di puntare lo zoom sul poeta e sull'uomo. In Italia si è creato questo corto circuito per cui si parla delle sue scelte politiche (o presunte tali) dimenticando che è stato un poeta. Anzi, per Thomas Stearns Eliot il più grande poeta del secolo, mentre Ernest Hemingway, che sicuramente aveva idee politiche diverse, afffermava che sarebbe salito sul paticolo assieme con lui, se fosse stato condannato. E non solo ho volulto riscoprire l'uomo e il poeta, ma anche il ruolo avuto come cercatore di talenti. Senza di lui non avremmo l'Ulisse di James Joyce, e anche Hemingway non sarebbe stato quello che conosciamo”.
 
Sia Pound che lei siete due poeti. Qual è il ruolo che la poesia ha nella società moderna?
Continuare a cercare la verità e la bellezza, mutuando quello che diceva anche John Keats. Viviamo in un'epoca sbiadita, dove si parla per slogan e si fanno ragionamenti di pancia. Mentre il poeta è un contemplativo, che vuole sondare fino in fondo cosa c'è dietro il vello delle cose”.

Ritiene che la poesia sia avvilita o che trovi il suo massimo compimento nel fatto che sia tra le forma di espressioni artistiche più praticate dalle persone?
“Tutti pensano di sapere scrivere poesie, ma questa è un'arte e come tale bisogna conoscerne innazitutto i fondamentali e poi avere un guizzo di genialità. Ci sono troppi 'poeti' che saltano il primo passaggio e che leggono poco. Voglio ricordare: ci vuole tanto lavoro di bottega, un'alta percentuale di scarto dei propri versi, e poi bisogna leggere i classici ed essere molto curiosi di quello che succede, essere dei rabdomanti che vanno a cercare dove le portano le ricerce, e a scoprire le novità belle”.
 
Come vede il connubio tra arte, cultura e gioco che si realizza al Casinò di Sanremo?
“La location mi è piaciuta tanto e sono rimasto conquistato da questa atmosfera liberty che mi ha fatto viaggiare nel tempo. Sono tornato nel 1905, da allora esiste il Casinò di Sanremo, e si respira ancora l'aria magina della belle epoque. Mi auguro che al Casinò di Sanremo, ma anche altrove, si possa fare sempre più cultura, pure con la poesia, che è la cenerentola dei giorni nostri”.
 
LUI CHI È?! - Alessandro Rivali è nato a Genova nel 1977. I suoi libri di poesie sono La riviera del sangue (Mimesis, 2005) e La caduta di Bisanzio (Jaca Book, 2010). Nel 2010 ha pubblicato il libro intervista Giampiero Neri. Un maestro in ombra (Jaca Book) e nel 2015 l'edizione delle lettere inedite di Eugenio Corti dal fronte russo (Io ritornerò, Ares).

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