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Gambarotta: 'Al tavolo da gioco preferisco la tavola imbandita'

13 maggio 2017 - 08:35

Bruno Gambarotta tra cucina e poker, un connubio condito da simpatia e ricordi.

Scritto da Anna Maria Rengo

‘Non si piange sul latte macchiato’, ma quante belle e pacate discussioni, su o, meglio ancora, davanti a una bella tavola imbandita! Ne è convinto Bruno Gambarotta, che al Casinò di Sanremo ha ritirato il premio ‘Libri da gustare’, ottenuto grazie agli otto racconti gialli contenuti nel suo ‘Non si piange sul latte macchiato’, e che condivide appieno l’opinione che l’enogastronomia la faccia ormai da padrona, peraltro da diversi anni, sulle Tv ma anche nelle librerie italiane. “Si spadella a tutte le ore e su tutte le reti. Massimo Montanari, grande storico dell’alimentazione, sostiene che di cibo si è sempre parlato. Dall’Iliade e dall’Odissea in poi non c’è opera d’arte che ne parti. Mangiare è una cerimonia che coagula le passioni, gli interessi, i contrasti. Attorno al cibo c’è una tensione continua per guadagnarselo, per non parlare delle leggende e rivendicazioni sull’origine di alcuni piatti…. Basti pensare che ora gli Stati Uniti rivendicano che la pizza è nata lì e che è polemica dopo che Bill De Blasio, sindaco di New York, è stato fotografato mentre la mangia utilizzando forchetta e coltello anziché, come Bill Clinton, utilizzare semplicemente le mani e piegarsi sul piatto!”.

Il tema è evidentemente una grande passione per il buongustaio Gambarotta: “Andare al ristorante è come prendere parte a una recita, di cui sono attori anche il maitre e i camerieri. E tutti giocano volentieri a questa recita, io per primo! Secondo me, ci sono dei periodi in cui si parla di cibo per non parlare d’altro. Per esempio, se vado a una cena dove non conosco i commensali, non mi arrischio a parlare di Berlusconi, o, più recentemente, del referendum sulle riforme costituzionali. Invece il cibo è un tema neutro, e puoi dire al tuo interlocutore che è una barbarie mangiare il pesto alla genovese senz’aglio, senza che nessuno si offenda. E vogliamo dimenticarci del boom dei vitigni rari? Quanto partecipo a una cena, ne porto una bottiglia e lo metto in tavola: questo mi consente qualche minuto per fare la ruota, raccontare come è fatto e le sue caratteristiche. E ancora oggi sperimento. Le mie figlie mi hanno detto che un limone spremuto prima di fare colazione ti cambia la vita. È verissimo, provatelo! Sono anche disposto ad accettare consigli sui ristoranti, e il tam tam degli amici, il passaparola, funziona e lo preferisco alle sospette pubblicità che alcuni locali si fanno”.

Se il cibo è un ottimo e non scottante argomento di conversazione, forse non si può dire altrettanto del gioco con vincita in denaro, su cui il dibattito è sempre molto acceso….

“Mi pare che si sia sempre giocato… quando lavoravo a Roma, avevo compagni e amici che a una certa ora staccavano per giocare a poker. Io no: a una certa ora mi piace andare a dormire, ma mio nipote Enea, che ha 24 anni e che vive con me, è persino andato a scuola di croupier e ora fa il dealer. Mi spiega i meccanismi e mi pare che il poker sia un gioco appassionante, basato sull’intelligenza, sulla capacità matematica, e non certo basato solo sulla fortuna. Ne sono affascinato, ma anche quando venivo al Casinò di Sanremo per fare il cameraman del Festival (le prime edizioni si tenevano nella Casa da gioco) e pranzavo alla mensa con i croupier, non accettavo mai il loro invito ad andare a giocare. Ho spesso lavorato anche al Casinò di Saint Vincent, presentando alcuni spettacoli. In camera mi lasciavano sempre delle fiches, contrassegnate, e che dunque non si possono cambiare ma che vanno giocate. Ma ricordo bene che il mio bisnonno si è giocato una cascina a poker: mia nonna, ossia sua figlia, mi portava a fare delle passeggiate, quando ero piccolo, e me la indicava da lontano, sospirando: ‘La vedi? Quella è la casa che si è giocata il tuo bisnonno!’ Tanti anni sono passati da allora, e ora il sogno di mio nipote è di fare il croupier. Perché no? Bisognerà pure che si guadagni da vivere!”.
Come vede il connubio tra gioco, cultura e intrattenimento che c’è al Casinò di Sanremo e, in generale, location di gioco posso essere un volano per il turismo e l’occupazione nel territorio di riferimento?
“Basta guardarsi in giro per trovare la risposta. Ad Atlantic City, a Las Vegas, i casinò sono un traino straordinario. E poi nei casinò si mangia benissimo! Quando presentavo gli spettacoli di intrattenimento a Saint Vincent, venivano sempre organizzate delle cene bellissime alla Brasserie. C’era chi correva subito a giocare, ma io restavo lì e mi godevo tutto: dall’antipasto al dolce”.
 

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