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Dall'ambasciata al Casinò di Sanremo, un viaggio tra gioco e cultura

14 gennaio 2019 - 11:10

L'ambasciatore Domenico Vecchioni ha scelto più volte la Casa da gioco sanremese per presentare i suoi libri: un legame nato casualmente negli ambienti diplomatici e all'insegna della cultura.

Scritto da Anna Maria Rengo

Cos'hanno in comune i più spietati dittatori della storia moderna e le spie che hanno cambiato il corso della storia e dei conflitti bellici? In Italia, sicuramente la loro “penna” più accurata e assidua, quella dell'ambasciatore Domenico Vecchioni, che ancora una volta ha scelto il Casinò di Sanremo per presentare la sua ultima fatica letteraria, “Saddam Hussein. Sangue e terrore a Bagdad".

“Il mio legame con la Casa da gioco matuziana – racconta – nasce grazie al colloquio con un mio collega che era di Sanremo, l'ambasciatore Maurizio Moreno. Eravamo a Roma e, parlando, venne fuori il discorso dei Martedì Letterari: mi chiese perché non presentassi il mio ultimo libro in questa manifestazione, così importante e di livello nazionale. Da allora ho iniziato a frequentare il Casinò e trovo il suo connubio tra gioco e cultura un'iniziativa molto azzeccata. Dà l'idea che il Casinò produca anche altro rispetto al gioco, quindi anche cultura, una visione più ampia e accettabile pure da parte di un pubblico di non giocatori”.
 
Una location di gioco può e deve essere anche uno strumento di promozione economica, occupazionale e sociale del territorio che la ospita?
“Sicuramente, se pensiamo a certe esperienze storiche famose, come quella di Montecarlo. Tutto, nel Principato di Monaco, nasce quando si istituisce il Casinò: tutto si sviluppa attorno alle necessità dei giocatori, cui servono alberghi, ristoranti, collegamenti ferroviari. Un casinò può essere uno strumento di sviluppo nella città interessata”.
 
“Sicuramente ho avuto modo di osservare che l'Italia ha un approccio molto restrittivo nei confronti dei casinò, mentre in Francia ne esistono moltissimi, anche in paesi di piccole dimensioni. Personalmente non vado spesso nei casinò e ritengo che il gioco non vada incentivato. Tuttavia, se, come del resto avviene, esiste una domanda, bisognerebbe regolamentarla e far sì che chi ama giocare lo possa fare a determinate condizioni”.
 
Ma torniamo a Sanremo e alla presentazione del suo libro: che giudizio storico si può dare dell'ex raìs iracheno?
“La mia opera non è tanto un'analisi della situazione politica e militare irachena, non punta a stabilire i torti e le ragioni, ma a far conoscere Saddam Hussein nell'esercizio del suo potere assoluto. Sinora, nel parlare di Hussein, ci si è focalizzati sulla guerra, mentre si conosce meno come gestiva il potere, i suoi rapporti con il denaro, con le armi di distruzione di massa, la famiglia, i figli, le tante donne che ha avuto tra mogli e amanti, le sfacceccature della sua personalità. Nel mio giudizio, mi rifaccio al filosofo e giurista Montesquieu: il potere corrompe, ma il potere assoluto corrompe assolutamente. Hussein è stato un dittatore totale che ha gestito un regime oppressivo e omicida, è stato accusato di genocidio nei confronti dei curdi e di aver usato armi chimiche contro gli sciiti. Ha adoperato tutti i mezzi per conservare il suo potere assoluto, diventando uno degli uomini più ricchi del pianeta grazie alle percentuali che incassava con la vendita di petrolio. Ho voluto approfondire questi aspetti visto che in Italia, a parte il libro 'Saddam. Storia segreta di un dittatore' di Magdi Cristiano Allam, uscito quindici anni fa, quando era ancora al potere, non c'erano profili biografici sul suo conto. Ho cercato di colmare questo vuoto”.
 
Guardando al suo futuro come saggista e biografo, di quale personaggio si sta occupando?
“Ho sempre alternato le biografie di dittatori con quelle delle grandi spie della seconda guerra mondiale. Il mio prossimo libro sarà dedicato all'operazione Cicero, la spy story più intrigante. La spia in questione aveva, appunto, come nome in codice Cicero: era il cameriere personale dell'ambasciatore britannico ad Ankara, che nell'ottobre del 1943 riusci a fotografare i suoi documenti segreti e a rivenderli ai nazisti. Dalla sua storia fu tratto un celeberrimo film del 1952, il primo di spionaggio del dopoguerra. E sa come andò a finire? Cicero non fu mai scoperto e dopo la guerra, con i soldi ottenuti dai tedeschi, cercò di avviare un'attività commerciale. Ma fallì, in quanto scoprì che i soldi dei tedeschi, cui aveva venduto informazioni vere, erano falsi. Questo perchè non avevano creduto alla veridicità delle sue informazioni. Sembrava troppo bello per essere vero!”.

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