skin

La scomparsa di Fabio Picchi: chef, scrittore e amante del gioco

28 febbraio 2022 - 12:05

Il noto chef, proprietario del ristorante Cibrèo di Firenze citato anche nella Guida Michelin, poco tempo fa aveva rilasciato una intervista a Gioconews.  

Scritto da Francesca Mancosu
La scomparsa di Fabio Picchi: chef, scrittore e amante del gioco

 

Addio a Fabio Picchi, mancato venerdì scorso a Firenze dopo una lunga malattia. Aveva 68 anni. Istrionico, colto, era un grande affabulatore, doti che lo hanno portato anche sui palcoscenici televisivi. Qualche tempo fa abbiamo avuto modo di incontrarlo, realizzando una piacevole intervista, pubblicata sulla nostra rivista cartacea; intervista che oggi riproponiamo.

"Il mio babbo vinse al totocalcio quando avevo quattro anni e si comprò una ricevitoria a Firenze, in piazza Alberti, dove poi andò a lavorare insieme a mia madre. Era anche un gran giocatore di poker – mi hanno raccontato – ma io non ho mai vinto con lui, tranne una volta a scopa e lui in cambio è andato a comprare una spigola". Comincia così il racconto di Fabio Picchi, personaggio che sarebbe riduttivo definire solo uno chef, viste le sue naturali doti di affabulatore e scrittore, non solo di libri di cucina – sui generis anche quelli, come si capisce bene dalla ricetta pubblicata in questa pagina - ma pure di racconti e di pezzi teatrali. Comincia così, con un ricordo dell'amato padre, che, scommettendo su di lui, nel 1979 gli prestò cinque milioni per aprire il suo primo ristorante, con la richiesta di restituirglieli entro sei mesi e di non restarci troppo male se il suo sogno fosse fallito.

Quell'impresa è ancora in piedi - è il Cibrèo, che gestisce ancora oggi nel centro di Firenze – e nel tempo si è arricchita di tante altre declinazioni: la trattoria, anche chiamata il Cibrèino, il Cibrèo caffè, il Teatro del Sale fondato dalla moglie Maria Cassi (attrice) e di cui Picchi cura la ristorazione, e il Cibleo, dove le ricette del Mugello e del Casentino si fondono con quelle di Giappone, Cina e Corea, paesi dove lo chef ha lavorato diversi anni.

Ma non solo. La sua nuova fatica, ma non l'ultima, assicura, è il C.Bio: Cibo Buono Italiano Onesto, "supermercato con un banco di panetteria e macelleria, a cui si aggiungono due banchi al mercato di Sant'Ambrogio", ricorda.

Un progetto a tutto tondo di ricerca e valorizzazione delle materie prime e dei sapori più genuini. "Amo mangiare piatti generosi, non c'è bisogno che siano tutti buoni: mi commuove anche un piatto di riso in bianco oppure del buon pane raffermo riammollato per fare una panzanella. Non mi piacciono i piatti tutta apparenza e poca sostanza. Quando cucino seguo la stessa filosofia, e cerco di trasmetterla anche ai miei collaboratori: pure quando si prepara la cosa più semplice ci si deve mettere nell'idea di mangiarla, di considerare anche il nutrimento emotivo delle persone, il territorio che c'è dietro, chi ha lavorato per lavorare la pasta, coltivare una verdura. È l'abbraccio della vita.

Il mio piatto preferito? Le melanzane alla parmigiana. Pare che a sette anni abbia chiesto a mia nonna di friggere delle melanzane per assemblare la mia prima parmigiana, e da lì non ho più smesso. Continuo a prepararle a mia moglie in ogni modo possibile, è il mio grazie alla vita che voglio scritto come mio epitaffio".

La ricetta dello Chef

Involtini alla fiorentina
Fatevi fare dal vostro macellaio delle larghe fette di due/tre millimetri di quel che noi fiorentini chiamiamo lucertolo ma che voi potrete tranquillamente chiamare sottonoce di manzo. Stendete le fette sopra un comodo piano, salatele e pepatele garbatamente. Sovrapponeteci una strisciolina di mortadella Bologna, avendo avuto cura di cercarla di qualità superiore. Sopra a essa disponete due pizzicotti di prezzemolo tritato e un nonniente di aglio, sempre tritato. Disponete di traverso alla mortadella un filo largo al massimo due millimetri, di cinque centimetri di lunghezza, di scorza di limone, facendo attenzione a tralasciare la parte bianca sottostante. Mondate un carciofo con accuratezza, tagliatelo in quattro se grande, in due se piccolo, e mettetene una sola parte parallela alla scorza di limone. Microscopica salatura sopra il carciofo.

Rigirate su se stessa la fetta di manzo, arrivando al fine nel tenerla ben chiusa nel palmo della mano. Aiutatevi con due stecchini a chiudere questa valigetta infilzando un'estremità e rigirando poi lo stecchino sullo stesso rotolino di carne, prima da una parte e poi dall'altra. Conclusa quest'operazione, in un ampio tegame a bordo basso, sufficiente olio per cominciare a rosolare violentemente tutti gli involtini che avrete fatto. Dovranno diventare marroni scuro, formando, e non ne abbiate paura, una pellicola di appiccicaticcio sul tegame stesso. Questo è il segreto. E mentre questo sta capitando aggiungete spicchi d'aglio, una foglia di alloro e 4/5 foglioline di salvia. Appena l'aglio avrà preso colore, un bicchiere di vino bianco che giunto sulla teglia, sfrigolerà rumorosamente.

Lì voi pronti, aiutandovi col piccolo mestolo di legno a palettina, vedrete che le carni e il fondo del tegame stesso rilasceranno le prime un po' di colore, il secondo tutto il bruciaticcio apparentemente intoglibile dal fondo del tegame che tornerà lucido in pochi minuti. In quel momento, aiutandovi con un passaverdure, un giusto ma non eccessivo quantitativo di pomodori pelati servirà a fondare la salsa che comincerà a sobbollire. Riducete tutto in un tegame più piccolo a bordo medio-alto, fuoco basso per il tempo necessario. Variante per qualità e frollatura delle carni. Sempre con uno stecchino potrete sentirne la morbidezza, incontrando a fine corsa la compattezza del carciofo. Non temete. Arriverà anche per lui, col calore, il momento di automatica cottura. Lasciate riposare questo piatto così che tutti gli aromi fuoriusciti rientrino, compenetrando le carni.
Saltate, con aglio e peperoncino, degli spinaci sbollentati.

Siate rapidi sia nell'una che nell'altra operazione. Disponeteli su un piatto, sporcandoli con la salsa degli involtini e appoggiandoveli sopra. Potete aprirli, se vorrete, con un unico taglio centrale mostrando il loro contenuto a chi li mangerà con voi. Scoprirete, con l'esperienza, che la tecnica sopradescritta dell'appiccicaticcio è applicabile a tantissime altre situazioni di cucina.

Articoli correlati