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Bridgerton e la passione dei nobili per il gioco

28 dicembre 2020 - 11:56

Abbondano i riferimenti al gioco e ai vizi della nobiltà inglese in Bridgerton, probabilmente la serie tv più vista durante il lockdown di Natale.

Scritto da Fm

Non passerà agli annali come un capolavoro ma "Bridgerton", comparsa da pochi giorni sulla piattaforma Netflix, è pronta a conquistare il gradino più alto fra le serie più viste di queste festività natalizie.
Grazie alla sapiente miscela di costumi e ambientazioni d'altri tempi, amori da romanzo rosa (ma con frequenti scene di nudo) e vizi e virtù della nobiltà inglese dei primi dell'Ottocento, che passa il suo tempo fra conversazioni oziose e occasioni mondane, con una diffusa passione per l'azzardo. Fra scommesse sugli incontri di pugilato e partite a carte, con cospicue poste in palio.

Un feuilleton dei giorni nostri, ispirato al libro 'The Duke and I' di Julia Quinn (il primo di una saga letteraria in nove volumi), impreziosito dal marchio di fabbrica di Shonda Rhimes, sceneggiatrice e produttrice televisiva statunitense celebre per aver creato Grey's Anatomy, medical drama sugli schermi da ormai 15 anni.
Al centro c'è la storia d'amore fra la giovane Daphne - alla ricerca del marito perfetto - e il tenebroso Simon Basset, duca di Hastings, allergico ai legami stabili e amante della boxe, oltre che del genere femminile.

In continuo balletto di schermaglie, silenzi e riappacificazioni, a cui fanno da contorno le vicende delle rispettive famiglie e quelle della corte della regina Charlotte, moglie del folle Giorgio III, in uno "show di fantasia" (così l'hanno definito i suoi autori) in cui si innestano anche temi attuali come la condizione e l'emancipazione femminile, il tabù dell'omossessualità. Con numerose licenze storiche, e una "rivisitazione" della nobiltà inglese del tempo, qui rappresentata come una società multietnica nella quale i "neri" sono al vertice dell'aristocrazia, in virtù di una regina dalle origini miste, sposando le teorie di alcuni storici inglesi.
 
Un affresco intrigante, che prende diversi spunti da altre serie tv di successo: da Gossip girl (con l'idea di una "pettegola" narratrice esterna che lega le varie puntate) a Downtown Abbey (con gli intrecci tra società "alta" e "bassa", nobiltà e servitù), fino a Peaky blinders, per la sua atmosfera "proibita" e, come detto, la ricorrente comparsa di vicende legate al gioco d'azzardo.
Una pratica che ai tempi in cui Bridgerton è ambientato - l’Età della Reggenza, l’ultima fase dell’Epoca georgiana, quando il principe di Galles Giorgio IV assume il potere dopo che il padre Giorgio III viene dichiarato insano di mente e quindi inadatto a governare - era largamente diffusa, specie fra chi poteva permetterselo, corollario quasi scontato di feste e ritrovi nelle dimore nobiliari, con alterne fortune.
Decretando, ad esempio, il riscatto sociale per un pugile che decide di scommettere sulla propria sconfitta - assicurando il benessere alla sua famiglia - e la definitiva rovina per un lord, colpevole di aver vinto ingenti somme a scapito di due "professionisti del settore".
Ma anche, più innocentemente, cagionando un po' di innocuo svago e divertimento alle signore dell'aristocrazia dimenticate dai propri mariti.
 
E anche agli spettatori di Bridgerton, più bisognosi che mai di una serie così, in tempi difficili come questi.
 

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