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Cina e videogame, ora il problema sono gli omosessuali

13 settembre 2021 - 10:29

La posizione del governo cinese nei confronti degli omosessuali non è mai stata morbida, e ora arriva una nuova limitazione al mondo videoludico, che crolla in borsa.

Scritto da Daniele Duso
Cina e videogame, ora il problema sono gli omosessuali

"Basta personaggi effeminati nei videogiochi". Dopo le limitazioni orarie imposte dal governo cinese al mondo dei videogame ora i funzionari di Pechino puntano il dito contro i contenuti dei giochi stessi, dicendo stop ai contenuti yaoi, ossia a personaggi maschili dall'aspetto, o dal comportamento, effeminati.

La nuova restrizione è partita dai programmi televisivi ed è stata allargata al mondo videoludico. Secondo il governo cinese è necessario "proteggere i minori da valori sbagliati", come ha comunicato il Dipartimento della pubblicità del comitato centrale del Partito comunista cinese. Secondo la notifica giunta alle compagnie di produzione via dunque da anime e videogame qualsiasi storia di amicizia troppo stretta tra personaggi maschili. 

I videogiochi con elementi yaoi saranno "illegali all'interno del territorio cinese" in quanto promotori di "falsi valori", e i controlli, come hanno comunicato le autorità cinesi, saranno molto rigidi. Tra il resto sono previsti provvedimenti pesanti contro le aziende che non rispetteranno le nuove regole, che di fatto sono le stesse già penalizzate dalle misure precedenti. Le nuove limitazioni, da quanto è stato comunicato, dovrebbero essere applicate solo ai giochi online di nuova uscita, per i quali, di fronte a contenuti ritenuti inappropriati, il governo potrebbe bloccare la pubblicazione.

Conoscendo la posizione di chi guida la Cina sul tema dell'omosessualità la nuova misura non stupisce più di tanto. Essere omosessuali, in Cina, era infatti illegale fino al 1997, e l'omosessualità è stata tolta dalla lista delle malattie mentali solo nel 2001, ma ancora oggi, nonostante un'ammorbidimento di facciata, la tolleranza degli omosessuali, in Cina, è piuttosto bassa. Nonostante iniziative pubbliche anche rilevanti, come quando, nel 2015, il gigante di e-commerce Alibaba, ha "regalato" a dieci coppie omosessuali cinesi un matrimonio negli Stati Uniti in occasione di San Valentino. Un modo per ingraziarsi un mercato, quello Lgbt, che qualcuno definisce del "pink dollar", che in Cina l'autorevole Forbes stima valga almeno 300milioni di dollari.

Ma alla luce di questo c'è anche un'altra questione da considerare: il provvedimento va infatti a completare una serie di misure già prese anche con altre limitazioni imposte alle produzioni televisive e, come detto, anche al mondo videoludico, necessarie, secondo i vertici di Pechino, a impedire la diffusione, soprattutto tra i minori, di una cultura non apprezzata. Misure che, ad oggi, hanno già avuto un primo effetto tangibile, che non è tuttavia quello annunciato da Pechino, anche se forse si tratta di un effetto che il governo mirava comunque a raggiungere: un forte ridimensionamento delle quotazioni delle grandi aziende cinesi.

Come avevamo già scritto uno dei problemi della Cina è il gigantismo di alcune multinazionali del settore tecnologico, che hanno già raggiunto dimensioni tali da rischiare di sfuggire al controllo statale, e non si può escludere che tra gli obiettivi, indiretti, delle varie misure governative, non vi sia anche l'obiettivo di far tornare a dimensioni "controllabili" le grandi aziende tech.

Molto probabile dunque che le misure adottate possono avere anche un doppio fine: da una parte "proteggere" le nuove generazioni dall'"oppio spirituale" (come sono stati definiti i videogame da un giornale vicino al partito). Inizialmente le misure erano state introdotte per evitare ai bambini troppe distrazioni e limitare i danni alla vista conseguenti da troppe ore passate davanti allo schermo. Successivamente altre limitazioni sono state introdotte contro i contenuti troppo violenti. E ora quest'ultima limitazione che nel mondo occidentale fa un po' l'effetto del gesso che stride sulla lavagna. Dall'altra calmierare il mercato delle big tech, perseguendo l'idea di Pechino di una più equa redistribuzione delle ricchezze tra le grandi aziende cinesi che, per il solo ambito videoludico, si spartiscono un mercato che, con i suoi 740 milioni di utenti attivi, è ormai il più grande del mondo.

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